Le prime Note Stonate: JFK e la verità irrisolta
La miniserie di Oliver Stone e cosa si è capito dell'omicidio il cui caso resta, come ogni verità parzialmente disseppellita, ancora aperto.
Il primo appuntamento ufficiale al quale vi avevo introdotto qui è arrivato e non dimentica delle promesse, alle quali spero avervi già abituato con la piccola incursione di metà settimana, oggi approfondisco l’omicidio Kennedy.
Intanto il 22 novembre 2021 è ricorso il 58esimo dall’omicidio: il caso è ancora aperto e la miniserie in 4 parti realizzata da Oliver Stone, Destiny Betrayed, la cui versione unica di due ore, JFK revisited, è stata trasmessa in Italia in chiaro da La7 il 27 novembre scorso, ha acceso - insieme alle discussioni - anche la occasione per affrontare di nuovo quanto accaduto ‘con luce nuova’, appunto.
JFK e la verità irrisolta
La verità sull’omicidio di John Fitzgerald Kennedy è da definirsi irrisolta per diverse ragioni: perché non tutto è stato reso noto e diversi documenti sono tuttora sottochiave da parte del Dipartimento di Giustizia americano, nonostante gli anni trascorsi, e perché cittadini americani e non, non condividono tutti la stessa versione su quanto accadde quel 22 novembre 1963. Nel 2017 dovevano liberarsi i restanti documenti ma Trump tornò indietro sulla decisione dopo un confronto con la Cia. A oggi restano oltre 19.000 documenti ancora da desecretare. E Biden lo scorso ottobre ha confermato un ulteriore ritardo nella desecretazione a data da destinarsi.
In occasione dell'anniversario, Sky ha proposto dunque la miniserie firmata Oliver Stone, JFK: Destiny Betrayed. Una serie in quattro episodi che esamina e approfondisce i documenti pur desecretati di recente sull'assassinio a Dallas nel 1963. Con le voci narranti di Whoopi Goldberg e Donald Sutherland (sottotitolati nella versione italiana), e con un gruppo di scienziati forensi, medici, esperti di balistica, storici e testimoni, le prove presentate da Stone dimostrano che nel caso Kennedy la verità ufficiale non convince più. Gli argomenti trattati nella mini-serie includono le origini della visione del mondo della politica estera maturate dal presidente Kennedy, dai suoi viaggi in Vietnam come senatore (dove vide in prima persona i francesi perdere la loro guerra coloniale), il suo sostegno alle democrazie nascenti in Africa - condiviso tra l’altro dall’ex presidente dell’ENI Enrico Mattei - e le sue convinzioni anti-coloniali che lo misero in opposizione all'amministrazione Eisenhower, alla Cia, e al Pentagono. Agli spettatori viene anche offerto uno sguardo dietro le quinte sulle azioni post-assassinio e sui sospetti iniziali del fratello di Kennedy, Robert, ucciso anche lui nel 1968, così come le sue opinioni sull'indagine ufficiale della Commissione Warren. Inoltre, le prove forensi e balistiche dell'assassinio sono esplorate in modo più dettagliato.
Una di queste “quinte” a esempio riguarda l’omicidio di Lee H. Oswald (considerato l’unico colpevole ad aver sparato a Kennedy) sul quale il 25 novembre 1963 il giornale locale Dallas Times Herald aveva ‘sparato’ in prima una notizia inquietante:
Cioè l’FBI sapeva che avrebbero ucciso Oswald. Ecco, questa è una di quelle notizie che poi verranno ricoperte di polvere e altre cronache e sulle quali non si tornerà più: una nota stonata che invece il regista ha riportato alla luce.
Poi, il saggista e autore d’inchiesta David Talbot, intervistato da Stone, parla delle testimonianze di alcuni appartenenti alla scorta di JFK che avrebbero indicato da più parti la provenienza dei colpi. Talbot è autore di The Delvil’s Chessboard, (La scacchiera del diavolo) un libro-inchiesta sulle origini delle operazioni coperte e il vero ruolo dei fratelli Dulles.
Davanti a me ho inoltre tre pubblicazioni italiane che hanno affrontato il caso: la prima edizione (‘66) di Rush to Judgement di Mark Lane, tradotto in Italia da Arnoldo Mondadori nel 1967, con il titolo “L’America ricorre in Appello - Il Rapporto Warren ha sbagliato?”; la contro-inchiesta dei Kennedy scritta da James Hepburn, che Nutrimenti ha portato in Italia nel 2012, con la cura della giornalista Stefania Limiti, dal titolo Il complotto, e il monovolume de L’Espresso uscito in occasione dei 50 anni dall’omicidio (2013), “JFK”. Come si può capire già dai titoli, tutti e tre esplorano l’assassinio in modo diverso.
Tra i volumi guida invece, anche accanto a me, ho l’ultimo saggio dello storico svizzero Daniele Ganser Breve storia dell’Impero americano, edito da Fazi editore e fresco di stampa. Già autore per lo stesso editore de Gli eserciti segreti della Nato - la storia come non vi è mai stata raccontata. Ho chiesto alla casa editrice di inviarmelo perché ho letto il suo lavoro precedente e quindi è stata una scelta precisa.
Intanto Oliver Stone, regista acclamato i cui lavori vivaddio spesso generano polemiche e confronti, ha denunciato la mancanza di attenzione verso questo suo ultimo lavoro, che - ha spiegato al giornalista Andrea Purgatori che lo ha intervistato domenica scorsa su Atlantide, in occasione della uscita del film JFK revisited - rispetto al film da lui realizzato 30 anni fa è pura ricostruzione investigativa del caso, mentre nel film Un caso ancora aperto vi era più drammatizzazione, come è normale che sia in un’opera cinematografica. Al contempo ha denunciato la mancanza ormai negli Stati Uniti del giornalismo d’inchiesta. Va detto che nonostante queste asserzioni il giornalismo d’inchiesta americano ha prodotto diversi lavori negli ultimi anni, premiati dal loro Pulitzer e che, spesso questi vengono vinti da siti indipendenti oltre che dalle grandi testate. Premi a parte, il loro ruolo non è affatto secondario (vedi prima The Intercept -oggi un pò meno- oppure Buzzfeed, o ancora Politico). E’ probabile quindi che data anche la generazione da cui proviene il regista, questi non tenga conto dell’altra fetta dei media che pure ormai hanno un peso sulle inchieste come il volume tradotto da Sellerio in Italia, e scritto dalla ex direttrice dell’NYT di Washington Jill Abramson, ben racconta2.
Detto questo e parlando prettamente della mini-serie, il lavoro di Stone è molto accurato e parte da un fatto poco noto: la esistenza di un organismo stabilito dopo le polemiche scaturite dall’uscita del suo film, chiamato la Assassination Records Review Board, un’agenzia indipendente a sua volta nata dalla legge promulgata nel 1992, il President John F. Kennedy Assassination Records Collection Act che ha stabilito la conservazione di tutti gli atti riguardanti il caso gestita dal NARA (il National Archives and Records Administration). La Assassination Records ha desecretato nuovi documenti che dal punto di vista politico spiegano molte cose sul contesto. E come scrive lo stesso Politico : “Uno speciale comitato della Camera degli Stati Uniti, nel 1978 ha concluso che “sulle evidenze disponibili a oggi, l’uccisione del Presidente Kennedy è probabilmente il risultato di una cospirazione”. Questo già nel ‘78. Il problema è quel “probabilmente” che dei documenti ufficiali non risolveranno mai: la pistola fumante infatti raramente è presente in un unico documento, ma se più sono le carte che si tengono segrete più sarà difficile unirle e scorgerne il fumo, insomma far emergere un quadro completo.
Nel primo episodio della miniserie la presenza della “vecchia mano3” rende tutto più inquietante, il gruppo guidato da Allen Dulles nel momento in cui si insedia Kennedy alla Casa Bianca è infatti molto influente, e cioè la CIA da lui diretta allora. E, del resto, come ricorda Furio Colombo nel volume de L’Espresso JFK del 2013 già nel 1961 l’allora giornalista Walter Lippmann gli riferirà che: «E’ possibile che la vecchia mano (Dulles, la Cia, lo Stato Maggiore) abbia più potere della nuova (gli uomini nuovi di Kennedy) e riesca ancora a confondere le carte in gioco?». E’ un fatto che poi Dulles fu licenziato da Kennedy anche se continuò segretamente il suo ruolo di arruolamento di agenti CIA in strutture private. E inoltre partecipò alla Warren pur non avendo una funzione precisa e avvertendo gli agenti CIA che dovevano testimoniare delle domande che avrebbero loro posto. Fu molto presente.
Tutto è incastonato però in quella che è ricordata come la invasione della Baia dei Porci: il 17 aprile 1961, due anni dopo il trionfo della 'revolucion', 1500 esuli anticastristi appoggiati dagli Stati Uniti approdarono sulla spiaggia di Giron, nella Baia dei Porci, nel tentativo di invadere l'isola e rovesciare Fidel Castro, con il quale da alcuni mesi la Casa Bianca aveva interrotto le relazioni diplomatiche. L'operazione si consumò circa tre mesi dopo l'insediamento di Kennedy alla Casa Bianca, e per il nuovo presidente le conseguenze politiche furono difficili da gestire. Soltanto di recente, dei documenti hanno rivelato che Kennedy benché costretto a perseguire l’intervento americano vietò a Dulles gli omicidi coperti. In occasione del 50esimo anniversario della fallita invasione, Castro ricordò in una delle sue 'riflessioni' le responsabilità di Dwight Eisenhower nell'elaborazione del piano (assieme all'allora direttore della Cia Allen Dulles appunto). Lo stesso Eisenhower che alla fine del suo mandato, come ricorda Ganser nel suo libro, aveva denunciato il nefasto ruolo del complesso militar-industriale4. Ma Eisenhower, che aveva guidato le forze armate contro Hitler, conosceva bene gli ambienti militari americani, così come l’industria bellica e proprio da insider, nel gennaio del ‘61 mise in guardia la nazione da questo sistema, che oggi con i suoi strabilianti miliardi di dollari investiti negli armamenti è ancora in piedi.
La Commissione di Earl Warren, istituita il 29 novembre 1963 da Lyndon B. Johnson, concluse i suoi lavori nel settembre del 1964 stabilendo che Lee H. Oswald fu il solo esecutore materiale, stesso risultato a cui era arrivata l’FBI di J. Hovver. La famiglia, Robert Kennedy in testa, non credette mai a questa versione e condusse una sua contro-inchiesta che indicava nel presidente succeduto a Kennedy, Johnson, il mandante dell’omicidio. Lo stesso avvocato di Johnson scrisse un libro Blood, Money and Power. How LBJ killed JFK nel 2003. La contro-inchiesta della famiglia Kennedy, come indicato nella edizione di Nutrimenti, culminata in Italia in un libro la cui stessa storia è un mistero, rivela che Kennedy fu ucciso da un Comitato composto da monopoli industriali, molti petrolieri ma non solo, i quali controllavano polizie, militari ai vertici, e servizi segreti. Nel libro si fanno nomi e cognomi non ci si limita alla descrizione della struttura. Del Comitato, appunto, era parte anche l’allora vicepresidente LBJ. In realtà già un ex agente CIA, Howard Hunt, in punto di morte al figlio nel 2007 aveva rivelato il suo ruolo nell’omicidio, ma non è mai stato creduto. Hunt ha fatto poi i nomi di altri personaggi coinvolti, tra cui anche il potente capo dell’FBI J. Edgard Hoover. Ecco lo schema della ricostruzione dell’omicidio eseguita dalla contro-inchiesta Kennedy:
Il filmato girato da un amatore al tempo, il sarto Zapruder, è quello che più chiaramente mostra l’evidenza almeno di due direzioni di sparo: una prima da dietro, una seconda dalla parte opposta, davanti. Sono due distinti momenti tra l’altro, come si evince dal filmato. E l’ultimo è il colpo fatale che complicherà le cose fino alla morte sopraggiunta in camera operatoria: si vede chiaramente la testa rimbalzare indietro con violenza. Il filmato viene riprodotto nel primo episodio della mini-serie di Stone e il suo originale è disponibile solo presso un museo su richiesta di chi vuole farne uso per approfondimenti. Qualcuno sostiene che l’effetto che si vede è il cosiddetto effetto Jet Effect, ovvero il rinculo degli spari provenienti dalla direzione opposta (Oswald), ma dal video non è chiaramente visibile solo l’effetto bensì anche lo sparo e la sua direzione. E la violenza che fa spingere la testa del presidente indietro è potente. L’evidenza è l’esatto contrario di quanto risultato dalla Commissione Warren la quale, come mostra la miniserie, ha modificato anche alcune testimonianze di chi era presente presso il deposito di libri da dove sparò Oswald, per far combaciare le sue risultanze. Che sia stato anche Oswald è forse un fatto, che Oswald sia stato usato come capro espiatorio è un fatto invece ormai certo, usato per coprire un’altra dinamica in corso. Ed è uno schema che gli americani hanno utilizzato anche in altri paesi (incluso il nostro).
Interessante è anche nella miniserie il riferimento all’autopsia: la irregolarità dello spostamento del corpo di Kennedy per farla altrove, le minacce fatte contro il patologo che doveva svolgerla e l’incarico a due patologi sconosciuti e poco esperti. Un terzo patologo Perry arrivò quando già i due avevano iniziato, rimuovendo il cervello e causando una perdita di elementi che potevano essere utili per la conferma della direzione degli spari. Ma anche altre le cose che furono da subito poco chiare se non manipolate, come la stessa manipolazione della conferenza stampa dei patologi e le dichiarazioni del terzo, che parlò di due direzioni appunto perché due i fori presenti: dietro e avanti. Perry cambiò versione pressato da una gente CIA sia nella Warren sia più avanti nelle indagini della House Committee del 78. Ma sono solo alcuni degli elementi posti da Stone, la cui docu-serie consiglio vivamente. Foto, testimonianze, documenti raffronti che confermano le falsità della Commissione Warren, la quale - come scrive nella introduzione al suo libro Mark Lane - prende in consegna la documentazione e le risultanze dell’FBI che aveva già terminato il lavoro d’indagine. E sul lavoro dell’FBI di Hoover la Commissione ha basato in gran parte il suo lavoro.
Il messaggio che avrebbe dovuto pronunciare Kennedy quel giorno (AP Photo)
Il primo lancio d’agenzia sull’omicidio (AP Photo)
CURIOSITA’: Nel 2016 fu ritrovato un fucile analogo a quello italiano con cui Oswald sparò conservato negli USA (il Carcano 91/38) presso un capannone della ex fabbrica di munizioni Smi (Società metallurgica italiana) di Campo Tizzoro, sulla montagna pistoiese. La vicenda emerse però l’anno successivo nel 2017. Quell'arma, disattivata e arrugginita, è stata trovata avvolta in una busta Smi con un cartellino con scritto C.Warren, ovvero il nome della prima commissione che indagò sul delitto Kennedy, insieme ad alcuni documenti. Tutto era in un armadio metallico, acquistato come il resto del materiale dell'archivio difesa della Smi 5 anni prima all'asta per 5.000 euro, dopo che il relativo ramo d'azienda era stato ceduto al pubblico. La scoperta è stata fatta da Gianluca Iori, architetto e direttore dell'Istituto di ricerche storiche e archeologiche di Pistoia, a cui si deve il progetto, poi realizzato, del museo della Smi a Campo Tizzoro, in onore della stessa fabbrica e della famiglia Orlando che ne fu proprietaria. E’ vero che la Commissione Warren nel 1966 arrivò con degli investigatori CIA a Campo Tizzoro per delle prove balistiche, in quanto due delle tre pallottole esplose da Oswald, oltre a un caricatore, erano state prodotte proprio a Campo Tizzoro: a quei tempi la Smi era la principale ditta di munizioni in ambito Nato. (Fonte Ansa)
Immagine proveniente dalla Commissione Warren, reperto nr. 394 pag. 25 del volume XV11 "Hearings Before the President's Commission on the Assassination of President Kennedy." La camicia del presidente macchiata del sangue perduto dopo l’uccisione. Foto Associated Press.
Jill Abramson, Mecanti di Verità - la grande guerra dell’informazione, Sellerio 2021. Anche di questo volume ho chiesto l’invio da Sellerio e lo tratteremo spesso.
Lo scrive nel 1961 in un articolo da Washington l’allora corrispondente italiano Furio Colombo.
Immagine tratta da J. Hepburn, Il Complotto, Nutrimenti 2012, pagg. 206-207.
Riproduzione Riservata
Molto interessante l articolo Simona.
"Che sia stato anche Oswald è forse un fatto, che Oswald sia stato usato come capro espiatorio è un fatto invece ormai certo, usato per coprire un’altra dinamica in corso. Ed è uno schema che gli americani hanno utilizzato anche in altri paesi (incluso il nostro)."
queste considerazione sono tremende .